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Firenze e gli Uffizi
di Giacomo Belloni
Nella comune idea di fruizione artistica, il museo tende ad essere dimenticato, messo da parte; si preferiscono mostre ed eventi. Molte di queste iniziative sembrano però voler utilizzare l’arte come pretesto per profitti commerciali piuttosto che per operazioni culturali ben delineate.
L’arte sembra essere diventata parte di un sistema mediatico dal quale nulla può essere escluso.
Programmi televisivi, documentari, televendite.
Il reale perde terreno, diventa irreale, il mondo vero diviene quello mediatico. La televisione ed i suoi palcoscenici sono l’unico luogo dell’esistenza.
In televisione si trova marito, si litiga, ci si confessa, si frequenta la scuola; in televisione ci si laurea (basta correre in motocicletta).
Anche l’arte diviene parte di questo sistema. Essa diventa moda, fenomeno di costume ed esiste solo quando trasmessa via etere. L’arte, per divenire reale ha bisogno di scendere a compromessi, deve comparire, mostrarsi.
Tutto esiste unicamente se viene trasmesso. L’alternativa è una dimensione ibrida di semi-esistenza, limbo vegetativo in attesa di nuova apparizione.
Il museo è poco presente via etere, tende ad essere dimenticato, nella nostra mente non è nemmeno contemplato a vantaggio delle mostre commerciali che “esistono” poiché pubblicizzate.
Si dimentica che è proprio il museo il luogo per eccellenza della fruizione artistica. La sua storia non si limita ad una esistenza temporaneamente limitata e velocemente consumata.
I musei sono li da sempre e da centinaia di anni e ci offrono i capolavori delle loro città. Città che li hanno voluti, difesi, delle quali sono vero e proprio orgoglio.
Scegliere di visitare un museo è una azione consapevole e precisa proprio perchè esso è raccolta delle memorie, testimonianza della civiltà, selezione di episodi di quotidianità prima ancora che raccolta di capolavori artistici.
Il museo è conquista culturale; raccogliere e collezionare è concetto recente, vuol dire preservare dall’alienazione, dalla dispersione, dalla confisca, dall’adattamento a differente uso, vuol dire conoscere l’importanza dell’opera d’arte come oggetto insostituibile per preservare la memoria comune nel tempo.
In questo numero ci occupiamo della galleria degli Uffizi. Tra i maggiori musei al mondo gli Uffizi vantano un patrimonio artistico ineguagliabile: sculture antiche, quadri, dall’epoca medievale a quella moderna, arazzi, miniature, stampe e disegni, il tutto in un contenitore architettonico di assoluto prestigio. La collezione medicea si arricchisce nel corso dei secoli di nuovi capolavori e di nuove sale.
Vorrei evitare in questa sede una inutile descrizione delle opere, operazione che lascio volentieri alle numerose guide stampate di facile reperimento; parlare del più antico museo d’Europa non può ridursi ad essere mera schedatura dei capolavori in esso contenuti.
La sua storia lo vede interprete e testimone delle vicende della città negli ultimi quattro secoli. Ne fanno parte la famiglia dei Medici ed il collezionismo che li contraddistinse, i Lorena, gli architetti che lo hanno costruito e che sono stati artefici dei suoi continui rinnovamenti sempre così originali, ne fanno parte gli artisti così unici ed irripetibili.
Proprio per l’importanza che questo museo rappresenta si corre il rischio di mettersi in coda per ore prima di poter entrare. Telefonando con buon anticipo (circa un mese) si può evitare l’inconveniente prenotando la visita.
Gli Uffizi è uno dei primi musei destinati alla fruizione pubblica, fino al XVII secolo le raccolte di opere erano proprietà esclusiva dei principi e la possibilità di visitarle era concessa solamente a pochi eletti, solo a seguito di concessione dedicata.
Pagare il biglietto e ammirare i capolavori è una possibilità recente. Il museo pubblico vede il suo nascere dopo la rivoluzione francese quando venne data la opportunità a tutti di potervi accedere indiscriminatamente.
Nel 1765 la galleria degli Uffizi era visitabile su richiesta seppur ad un ristretto numero di “amatori”; fino al 1780 l’accesso era vietato “alla servitù ed alla gente vile (…) ma anche alle persone distinte, senza prima averne dato avviso al Direttore”.
Alla morte dell’ultima de’Medici, Anna Maria Ludovica, la prestigiosa collezione medicea veniva affidata al duca di Lorena, successore di suo fratello al governo della Toscana. Il testamento del 1743 dispone che: “…tutti i mobili, effetti, e rarità della successione del serenissimo Granduca suo fratello, come gallerie, quadri, statue, biblioteche, gioie ed altre cose preziose, siccome le reliquie, i reliquiari e loro ornamenti della cappella dal palazzo reale che la Signoria vostra si impegna a conservare, a condizione espressa che di quello è per ornamento dello Stato, per utilità del pubblico, e per attirare la curiosità dei forestieri non ne sarà nulla trasportato e levato fuori della capitale e dello Stato del granducato”.
L’episodio è rilevante soprattutto se contestualizzato in un periodo in cui intere collezioni abbandonavano per sempre il nostro paese. Nel testamento vi sono tutti gli elementi rappresentativi del lungo cammino culturale che ha portato a considerare l’opera d’arte come patrimonio della comunità e non del singolo.
Il testamento di Maria Ludovica stabilisce che l’intera collezione medicea fosse inalienabile e che non potesse essere allontanata in quanto patrimonio di Firenze.
La consapevolezza che la raccolta fosse di pubblica proprietà, che fosse bene comune è frutto di una maturità culturale, tale da considerare le volontà di Maria Ludovica moderne ed attuali.
La raccolta degli Uffizi doveva altresì servire “per attirare la curiosità dei forestieri”, le opere sono patrimonio necessario sia per l’educazione dei cittadini, dei forestieri, così come per la preparazione accademica degli artisti.
Le opere degli Uffizi sono le opere di Firenze, insieme formano un binomio inseparabile.
I suoi capolavori sono parte di un sistema che unisce colori, forme, architetture, paesaggio, carattere e storia.
Separare l’Annunciazione di Leonardo dalla collezione o dalla città significa violare un’unità inscindibile costituita da forme ed atmosfere uniche.
Gli Uffizi sono il museo di Firenze e non potrebbero esserlo di nessun’altra città. Non ci sarebbe contesto migliore nel quale inserire nessuna delle sue opere, ogni elemento è fondamentale, “se la cupola del Brunelleschi fosse differente, anche la Primavera del Botticelli lo sarebbe”.
Il palazzo fu voluto da Cosimo I per accogliere gli uffici delle tredici Magistrature fiorentine, gli uffici amministrativi della Firenze repubblicana. Nel 1561 incarica il Vasari per la progettazione e la realizzazione. La costruzione ad “U” è adiacente al palazzo della Signoria e si affaccia sull’Arno dalla parte del lato corto.
Nel 1565, in occasione delle nozze di Francesco I e Giovanna d’Austria, il Vasari costruisce il Corridoio Vasariano, galleria aerea che collega gli Uffizi alla nuova residenza medicea di Palazzo Pitti, ponte sopraelevato che unisce la vecchia città medievale con la nuova città dall’altra parte dell’Arno.
Il figlio di Cosimo, Francesco I, nel 1581 trasforma la Galleria in un luogo ove “passeggiare, con pitture, statue e altre cose di pregio” e, nel 1584 fa realizzare dal Buontalenti la Tribuna “qui venivano esposte le più straordinarie opere delle collezioni medicee esaltate dal rosso velluto delle pareti”. La Tribuna è l’espressione più alta del collezionismo mediceo, destinata ad esporre i pezzi più prestigiosi in una cornice di incredibile sfarzo, essa “può dunque interpretarsi come allegoria del potere dei Medici. La gloria del Principe è rappresentata circondata da simboli cosmologici, il suo potere fa parte dell’ordine installato da Dio nel Mondo…”. La pianta ottagonale ha una cupola ornata da conchiglie madreperlacee incastonate su un fondo di lacca scarlatta. La calda luce naturale avvolge la sala e si diffonde sui capolavori in essa contenuti con il riflesso morbido delle pareti rivestite di velluto rosso. Il primo ordine era costituito da uno zoccolo ligneo, dipinto da Jacopo Ligozzi. L’intento era quello di rappresentare con la Tribuna il cosmo e gli elementi che lo costituiscono: l’aria, rappresentata con la lanterna, l’acqua con le conchiglie, il fuoco, attraverso il rosso colore delle pareti ed infine la terra ben simboleggiata con i marmi che costituiscono il pavimento. La Tribuna contiene le opere vanto della collezione di Francesco I, i dipinti, i mobili e le sculture antiche. I dipinti del Bronzino, quelli del Pontormo, la Dama col “petrarchino” di Andrea del Sarto e lo splendido Angiolino Musicante del Rosso Fiorentino; le meravigliose sculture in marmo, lo scrigno con i cassetti decorati dal Giambologna ed il tavolo in pietre dure.
Nel 1586 il Buontalenti, realizza il primo tratto orientale degli Uffizi con il Teatro Mediceo.
Vicino alla Tribuna, la Loggia delle Carte geografiche, sala ottenuta da un terrazzo, voluta dal granduca Ferdinando nel 1589 e nelle quattro sale adiacenti, si posiziona l’Armeria.
Nell’ala occidentale vengono collocati i laboratori per le arti minori, la Fonderia e viene allestito il giardino pensile sopra la Loggia dell’Orcagna.
Non sarebbe possibile camminare tra le opere senza farsi trasportare dalla traboccante atmosfera che avvolge la galleria; credo che, come scrisse Paolucci, Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino “gli Uffizi vanno consumati per sezioni, oggi una sala, due al massimo, domani altre sale ed altre ancora. Meglio dedicare la propria attenzione ai luoghi di eccellenza, alle sale che ci permettono di capire gli snodi fondamentali della storia artistica italiana… la sala dei primitivi ove si avverte il passaggio del nascere della lingua figurativa, la scoperta del vero e la certezza della spazio misurabile…”. La sua idea è quella di usufruire dello spazio per sezioni tematiche.
Non sarebbe possibile digerire tutto in una volta, negli Uffizi c’è troppo di tutto sia per quantità che per qualità; dopo qualche sala si rischia di rimanere storditi e cadere nell’errore del neofita: credere che visitare un museo si limiti alla sola esperienza della visione.
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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota
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