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TULLIO CRALI, aeropittore
di Giacomo Belloni


“Affrettiamoci, fratelli miei!... Volete dunque che le belve ci sorpassino? Noi dobbiamo rimanere in prima fila malgrado i nostri lenti passi che pompano i succhi della terra… Al diavolo queste mani vischiose e questi piedi che trascinano radici!... Oh! Noi non siamo che poveri alberi vagabondi! Vogliamo delle ali!... Facciamoci dunque degli aeroplani”
.
“Noi ritagliammo i nostri aeroplani futuristi nella tela color d’ocra dei velieri. Alcuni avevano ali equilibranti e portando i loro motori, s’innalzavano come avvoltoi insanguinati che sollevassero in cielo vitelli convulsi.
Ecco: il mio biplano multicellulare a coda direttiva: 100 HP, 8 cilindri, 80 chilogrammi…
E si parte, nell’ebbrezza di un’agile evoluzione, con un volo vivace, crepitante, leggero e cadenzato come un canto d’invito a bere e a ballare”
.
Filippo Tommaso Marinetti,
Uccidiamo il chiaro di Luna!, aprile 1909

Il 9 maggio del 2008 si aprono le porte della mostra dedicata a Tullio Crali, uno degli esponenti più rappresentativi del secondo futurismo, corrente d’avanguardia che continua con differenti suggestioni il primo movimento fondato da Marinetti nel 1909.
Crali ci interessa particolarmente, non solo perché crediamo sia stato un grande artista, ma perché è un punto di tangenza unico tra gli aviatori romantici, ed il mondo della sensibilità artistica. Come nessun altro ha saputo unire due mondi apparentemente tanto distanti.
Ogni azione nella vita è espressione dell’intimo; ognuno è differentemente e si comporta in maniera unica. Chi svolge la propria attività in una dimensione tanto coinvolgente come l’aria non può negare che pilotare un aeroplano è una forma espressiva singolare e personale. Un’attività insolita che diventa inevitabilmente un modo di essere, di esprimersi.
Crali è riuscito a trasferire sulla tela emozioni che noi, più di altri possiamo capire.


“Bisogna essere a Roma, alla Quadriennale e vedere gli aviatori a grappoli fermi davanti ai suoi quadri: essi vi riconoscono ammirati e commossi le loro sensazioni.”
(F.T. Marinetti, Gorizia, marzo 1939)

Tullio Crali nasce nel 1910 a Igalo, in Croazia. Vive a Zara fino al 1922, anno in cui si trasferisce a Gorizia.
Vola per la prima volta nel 1928, esperienza unica ed ineguagliabile che lo segnerà per tutta la sua vita ed in molta della sua produzione artistica.
A Torino, il 22 settembre del 1929 alcuni artisti tra cui Balla, Depero, Dottori, Marinetti e Prampolini pubblicano sulla Gazzetta del Popolo il Manifesto dell'Aeropittura, vera e propria dichiarazione di un gruppo di artisti che desideravano dipingere il mondo come se lo si osservasse da un aereo in velocità, pittori che volevano trasferire sulla tela le sensazioni provate da un corpo in rapido movimento nello spazio. Non più immagini ferme, fisse, dipinte da un osservatore immobile, nessun punto fermo; il pittore vuole rendere partecipe lo spettatore delle emozioni proprie del volo.
Il Manifesto dell’Aeropittura abbassa i toni rispetto al superato Manifesto del Futurismo del 1909, anche se riconosce nell’aereo l’evoluzione dell’
uomo moltiplicato auspicato dai primi futuristi. Proprio Marinetti nel 1910 scriveva “Noi crediamo alla possibilità di un numero incalcolabile di trasformazioni umane, e dichiariamo senza sorridere che nella carne dell’uomo dormono le ali… l’uomo futuro diventerà un sempre migliore aviatore”.
Con toni meno dissacratori, proclamatori e veementi di vent’anni prima, il Manifesto dell’Aeropittura si apre con parole che sembrano dare indicazioni più tecniche e romantiche che rivoluzionarie: “
Noi futuristi dichiariamo che: le prospettive mutevoli del volo costituiscono una realtà assolutamente nuova e che nulla ha di comune con la realtà tradizionalmente costituita dalle prospettive terrestri".
Il mondo ora è differente, la prima guerra mondiale ha cambiato i presupposti. Oltre a trascinarsi via Boccioni ha dimostrato a tutti le tragedie che porta con sé. I futuristi degli anni ‘30 sembrano rassegnati ad imporre la loro sensibilità piuttosto che
l’aggressività, lo schiaffo ed il pugno come nel 1909. Passati vent’anni ed un conflitto mondiale non ci sono più le condizioni per affermare non v’è più bellezza se non nella lotta.
Negli anni ‘30 l’aeroplano identifica il sentire comune di quella modernità ove quale riporre tutte le speranze. A differenza dei nostri giorni in cui tutto è consueto, dove librarsi nell’aria con un mezzo meccanico sembra essere una condizione normale, nel 1928, quando Crali inizia a volare, l’uomo non aveva ancora reso ordinario questo fantastico miracolo. L’aria era ancora un elemento sconosciuto, ostile, pericoloso e, come tale, stimolava le fantasie più profonde.
Il fervore di un mondo in rapida evoluzione ripone nell’aereo le aspettative per un mondo nuovo, migliore, con prospettive differenti. Tutto è cambiato, anche se solo pochi si rendono veramente conto della grande rivoluzione che le macchine volanti hanno portato; un vero e proprio sconvolgimento delle consolidate certezze che non si materializza solamente con la possibilità di spostarsi velocemente tra i luoghi della terra. La rivoluzione è dentro l’uomo.

Nel 1942 Carl Shmitt nell’annunciare l’uscita del suo libro
“Terra e mare” afferma che, secondo un’antica dottrina, la storia dell’umanità altro non è che un cammino attraverso i quattro elementi. I presocratici pongono all’inizio di tutte le cose l’acqua (Talete), l’aria (Anassimene) ed il fuoco (Eraclito). Si potrebbe ipotizzare che l’aeroplano abbia concentrato nella sua essenza l’elemento fuoco proprio in funzione delle energie tecnico-meccaniche che è in grado di sviluppare. Il fuoco all’aeroplano, l’aria all’uomo che dominatore degli elementi si libra sulla terra e sull’acqua.
L’aeropittura di Crali esprime sensazioni forti e uniche dello spazio, esperite da chi si lascia trasportare rapido dall’elemento di Anassimene. Il mezzo meccanico diviene un’estensione del proprio corpo al quale sono spuntate le ali necessarie per riappropriarsi di una condizione atavica, istintiva, mai dimenticata. L’uomo ritrova l’elemento abbandonato e ritorna alle origini perdute.
Lo spazio ridiviene tridimensionale perchè
non ci si muove più solamente sulla superficie piatta del planisfero (Sloterdijk). Si scopre la terza dimensione con tutte le sue infinite potenzialità. Ci si riappropria di un antico rapporto con lo spazio; non esiste più un unico verso, un’unica direzione. Lo spazio cartesiano perde le proprie certezze, quello che è in alto ora può essere visto in basso mentre la destra può rapidamente spostarsi in senso opposto.
L’altezza diviene l’unità di misura della verticalità, la velocità quella della distanza; i racconti degli aviatori stimolano la fantasia con visioni eroiche di speranza. Il mondo diventa piccolo, ci si può allontanare da un reale scomodo verso immensità senza limiti dalle quali tutto sembra bello, pulito, unico. Il paesaggio si fa sintetico e la sua bidimensionalità drammaticamente limitante.
L’aviatore è l’unico in grado di appropriarsi della nuova dimensione e, mentre incarna la figura dell’eroe moderno, fa proprie le speranze di chi rimane radicato ad una terra divenuta improvvisamente piccola, finita. L’uomo immobile, colui
che trascina radici, sogna di essere con lui, lontano, in alto, nella condizione solitaria di chi vive nella libertà più assoluta; …noi preferiamo l’emozione diretta e pura delle altezze estreme dove il silenzio e il nulla saturi di luce ci sgravano da ogni preoccupazione quotidiana e ci fanno toccare le soglie del cielo (Crali).
L’aeropittore va oltre, fa più dell’aviatore; è l’unico capace di interpretare la nuova realtà e di trasformarla in pura visione per colui che non ha la fortuna di vivere direttamente le emozioni della quota. Dipinge la velocità e le sensazioni che essa trasmette, materializza sulla tela l’azione dello scorrere rapido dell’aeroplano lanciato nel vuoto. La velocità diviene la quarta dimensione indispensabile per esprimere la modernità e la tela diventa l’unico palcoscenico ove è possibile rappresentarla. In una sola opera ora possono essere espresse le tre dimensioni cartesiane insieme al rapido movimento dell’aeroplano nello spazio.
L’occhio di Crali è il punto di osservazione mobile ove convergono le tre direzioni fondamentali ed ogni suo movimento fa proprie le emozione degli istanti che si susseguono rapidi, per poi trasferirli sull’opera:
l’aeropittura apre un nuovo orizzonte su un campo infinito di visioni originali e sensazioni magnifiche (Crali).

Jünger scrive che l’arte rappresenta il grado storico della coscienza spaziale.
Dopo la conquista della terra, dopo quella del mare avvenuta nel sedicesimo secolo l’aeroplano annuncia la nuova rivoluzione spaziale aprendo le porte per una futura dimensione da sperimentare: il regno dell’aria.

A partire dal 1928 Crali si recò sempre più spesso al campo d’aviazione di Merna, dove iniziò a copiare gli aeroplani e da dove decollò per il suo primo volo, effettuato su di un piccolo idrovolante diretto in Istria.
Nel 1929, anno del Manifesto dell’Aeropittura, conobbe Marinetti ed entrò ufficialmente nel Movimento Futurista.
Conobbe Sofronio Pocarini che lo fece esporre alla "II Mostra Goriziana d’Arte". Dipinse
Squadriglia aerea e Duello aereo.
Dopo aver presentato le proprie opere a Trieste, Padova, Roma e Milano, nel 1932, su invito di Marinetti, espose i suoi lavori a Parigi, alla Prima Esposizione Aeropittori Futuristi Italiani.
Nel 1934 partecipò per la prima volta alla Biennale di Venezia con l’opera
Rivoluzione di mondi, che distrusse subito dopo l’esposizione; negli anni seguenti partecipò a diverse edizioni della Quadriennale romana e della Biennale di Venezia, dove, nel 1940, ottenne una sala personale.
Grazie al suo talento di declamatore, conquistò la simpatia personale di Marinetti e, a partire dal 1941, organizzò serate futuriste a Gorizia, Udine, Trieste e nel resto d’Italia. Alla fine del conflitto si trasferì a Torino proseguendo nella sua attività di promozione delle poetiche futuriste.
Tra il 1950 e il 1958 visse a Parigi, dove insegnò in un liceo italiano; durante alcune escursioni sulla costa della Bretagna, colse l'ispirazione per le sue composizioni liriche, chiamate "sassintesi" ed esposte, per la prima volta a Milano nel 1961. Dal 1962 al 1966 si trasferì al Cairo dove insegnò presso la locale Scuola d'Arte italiana. Rientrato in patria, si stabilì a Milano, dove continuò la sua intensa attività pittorica e dove si spense il 5 agosto del 2000.

“Preferiamo l’estrema sintesi dei paesaggi osservati dall’alto in velocità. Li preferiamo lontani, verticali capovolti, oscillanti, imbevuti di luce e di altezze, mascherati da ombre violette di temporali divisi tra sole e pioggia, purificati da 10 mila metri di quota. Non più sottostare alle terrestri leggi della materia ma saettare liberi e dominatori nello spazio e guardare gli orizzonti ubbidienti agli ordini dei timoni e degli alettoni: ecco ciò che ci esalta di orgoglioso ottimismo”. (Tullio Crali)

“Utopia – Volo – Modernità”, personale di Tullio Crali.
Roma, Rifugio Antiaereo, Palazzo degli Uffici, piazzale K. Adenauer 8.
Dal 9 maggio al 9 giugno 2008.
La rassegna presenterà al pubblico un ricchissimo corpus di lavori di proprietà della famiglia Crali, raramente esposte o assolutamente inedite. Il percorso espositivo sarà costituito da oltre 60 olii su tela e una decina di disegni originali, nonché dei curiosi “divertissement” dell’eclettico artista. La rassegna rappresenta un’occasione unica di valorizzazione di aspetti poco noti dell’artista e, attraverso lui, dell’Aeropittura in generale.


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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota
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