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Samuele Galeotti. Sovrapposizioni sincroniche di analogie esistenziali
di Giacomo Belloni
La vita scorre davanti ai nostri occhi seguendo logiche legate ad algoritmi di linearità consequenziale. Il mondo con le sue storie si racconta ed entra in noi, nella nostra immaginazione, nell’unica maniera in cui ci è stato insegnato ad interpretarlo: un evento, quindi un altro, poi un altro ancora; tutti legati tra loro per esaurimento del precedente o per reazione, attraverso concatenamenti di alternanze senza fine di cause ed effetti.
Come un sistema ininterrotto di successioni temporali, come i battiti continui del cuore pulsante della vita, noi osserviamo, ricordiamo, elaboriamo, costruiamo i nostri pensieri e diamo forma alle immagini della realtà che ci scorre davanti per mezzo di sequenze sempre crescenti, con storie con un inizio ed una fine, con un capo ed una coda, seguendo gradi progressivi di situazioni che si rincorrono e che si susseguono con uno sviluppo continuativo, lineare.
Samuele Galeotti no: lui ferma il tempo perché lo si possa osservare dinamico nella fermezza dell'immagine fotografica. Nelle sue opere le storie sono raccontate attraverso giochi ricercati di sovrapposizioni emozionali; senza mai alcun incipit e nessun epilogo le sue vicende si mostrano per mezzo di inserti narrativi, di piani sincronici di analogie esistenziali. I suoi racconti sono trame scritte su stratificazioni plurime di eventi concatenati tra di loro. Tutto questo in una singola immagine: tante storie legate tra loro per attinenza poetica, tutte in un solo quadro riassuntivo dove, non solo l'una completa l'altra ma ne è anche la prosecuzione lirica ed il naturale completamento scenico.
Samuele Galeotti elabora le sue fotografie su più livelli di racconto, attraverso episodi fortemente incastrati tra loro, sia sotto l'aspetto formale che psicologico; le sue vicende si compenetrano, si intrecciano e, anche se a prima vista sembrano essere separate, distanti, scollegate, nella realtà comunicano tra loro per affinità emozionale; sono differenti rovesci della stessa medaglia resi da lui sapientemente iperbolici per rafforzarne l'eloquenza e la potenza descrittiva.
Le sue fotografie non presentano mai un singolo segmento narrativo: le inquadrature ci mostrano sempre, su un solo piano sequenza, più storie che prendono forma in un’unica, sintetica inquadratura. La profondità del suo campo ottico ci regala sempre differenti livelli esistenziali che propongono atmosfere al confine tra surrealtà ed interiorità.
Uomini, donne, muri, drappi, vestiti, e molto altro, sono tutti elementi presi a pretesto ed utilizzati da Samuele Galeotti per dipingere le sue fotografie e per raccontare del tempo che è passato - fino a quel momento - inesorabile e senza tregua, sulle vite dei suoi ignari interpreti. Come proiezioni di luce su uno schermo cinematografico il tempo rimane impresso sulle superfici marcate, spesso lise e logore, dei volti e della materia. Ogni elemento è preso ad arte per raccontare la spietatezza del tempo trascorso, delle difficoltà quotidiane che si incontrano per cercare di stargli dietro, di raggiungerlo. Lui però, il tempo, corre via veloce e, nonostante si faccia di tutto per fermarlo, lascia su tutto ciò che tocca i graffi e le ferite del suo passaggio. Ecco che allora le superfici corrose e vissute sono il pretesto per indagare stati d'animo di solitudine e di malinconia. Ogni superficie - un viso, un muro, il legno di un’imposta, un giornale, un vestito - è un’opera informale che testimonia quanto i segni della vita siano gli stessi segni lasciati impressi sulle cose e nell'anima. I solchi marcati sulla pelle degli uomini e delle donne testimoniano le difficoltà ed i dolori di vite difficili, ora consumate dai ricordi e dai rimorsi, visi di personaggi corrosi dall'attesa di un nuovo improbabile inizio, di un'altra occasione di riscatto che mai più ci sarà.
Questi sono i personaggi di quinta, quelli dietro la scena principale, che sono però il vero centro focale dell'immagine, il punto di partenza della narrazione: presenze passive ed inermi della vivacità che occupa il piano principale della scena, sono spettatori rassegnati di eventi ai quali non riescono più a partecipare né a capirne appieno il significato. Il tempo corre troppo rapido per poter rimanere in corsa, per rimanere al passo, e loro sanno di essere adesso completamente inadatti. Ora la vita lascia spazio a nuovi interpreti, ai giovani spavaldi e incoscienti che impegnano il proscenio. Ma saranno loro domani, ad occupare il loggione della scena, in questa metafora della vita che viene tanto abilmente raccontata da Samuele Galeotti in ogni sua fotografia.
Naturalmente Galeotti non è solamente questo. Ho cercato di raccontare alcune fotografie, quelle che mi hanno conquistato da subito, non appena il mio occhio si è imbattuto in loro. Ne ho assaporato una capacità sintetica e metaforica come raramente ho avuto occasione di vedere. Attraverso l'immagine Samuele Galeotti riesce a donarci la possibilità di precipitare in uno stato di raro coinvolgimento emozionale, con una partecipazione totale non solamente agli eventi che imprime sulla pellicola, ma ad una condizione di smarrimento percettivo totale e spesso commovente.
E ciò per noi, generazione che si è formata sulle immagini fotografiche degli anni '70, si può definire solamente con un termine: poesia.
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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota
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