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VENEZIA E LA 52° BIENNALE
di Giacomo Belloni


La 52° Biennale di Venezia è una mostra non per i professionisti, ma per i normali visitatori che si lasceranno affascinare e colpire dalle opere. Robert Storr

Quest’anno sono riuscito ad avere un invito speciale con cui accedere “in anteprima” alla Biennale di Venezia. L’invito era valido per i tre giorni che precedono l’apertura ufficiale, quando solamente i giornalisti e gli addetti ai lavori si godono, liberi dalla folla, i giardini ed i padiglioni che ospitano le opere.

Curioso ed eccitato, animato dalle migliori intenzioni, sono partito con l’intento di farmi una mia personale idea sulla rassegna, libero dagli inevitabili condizionamenti che costantemente la accompagnano; vorrei capire se la direzione dell’americano Robert Storr è riuscita a soddisfare tutti i requisiti richiesti per un evento di tale levatura, se ha saputo conciliare italianità ed internazionalità e se è riuscito a rispettare tutte le condizioni per offrire un panorama completo e fruibile sull’arte dei nostri tempi.
Anche questa Biennale non sembra essere in grado di uscire indenne dalle solite polemiche; quotidiani, internet, stampa specializzata riportano in continuazione articoli, commenti ed opinioni, spesso graffianti, a volte al limite dell’offesa, raramente concilianti.
Insomma, anche per questa Biennale non sembra possibile evitare di schierarsi; o si è tra le file di chi sostiene il progetto o si è tra le file di chi lo critica.
La Biennale mi è piaciuta. Mi è piaciuto il clima, l’aria che si respirava, i padiglioni, le opere, i colori e la gente. La maggior parte delle persone erano lì per la mia stessa ragione; nessuno era interessato alle polemiche, l’unico interesse era quello di prendersi una pausa dalla normalità per godersi una giornata dedicata alla loro passione.
Se posso permettermi un appunto, non mi è piaciuto tutto il contorno mercificante: banchetti, sponsor, volantini, ventagli, libretti pubblicitari, gadgets si addicono più ad una fiera di paese piuttosto che ad un evento di tale spessore e con alle spalle una storia tanto lunga e prestigiosa.

La tradizione della Biennale vanta infatti più di un secolo di storia, da quando nel 1893 l'amministrazione comunale di Venezia decide di organizzare una Esposizione artistica nazionale con cadenza biennale, per celebrare le nozze d'argento del re Umberto e Margherita di Savoia. Tra le numerose scelte adottate viene deciso di riservare una sezione per artisti stranieri e di ammettere, a seguito di scelta da parte di una commissione di esperti anche opere di alcuni artisti italiani non invitati. Ogni artista non poteva partecipare con più di due opere le quali dovevano essere assolutamente inedite. Vengono istituiti tre comitati: il primo formato da artisti veneziani incaricato di sviluppare il programma della mostra, il secondo per curarne la divulgazione, ed il terzo per mantenere i rapporti con la stampa.
Appena in tempo per la cerimonia d'apertura viene terminato il Palazzo dell’Esposizione ai Giardini pubblici di Castello ed il 30 aprile 1894 viene finalmente inaugurata la I Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia, alla presenza dei regnanti Umberto I e Margherita di Savoia e di migliaia di veneziani entusiasti. Il successo dell’evento viene confermato dalla presenza di 224.000 visitatori.
Nel 1902 si inaugura la nuova Galleria d'Arte Moderna a Ca' Pesaro, la cui direzione è affidata alla segreteria della Biennale.
Luci ed ombre, amore ed odio: il 27 aprile del 1910 il futurista Filippo Tommaso Marinetti organizza un lancio di manifestini anti-Biennale in piazza San Marco.

Lo stesso anno si registrano le prime presenze internazionali di spessore: viene dedicata una sala a Klimt, una personale a Renoir ed una retrospettiva a Courbet mentre viene tolta dal salone spagnolo nel Palazzo centrale un'opera di Picasso, temendo che con la sua novità avrebbe potuto scandalizzare il pubblico. L'artista spagnolo avrà il suo primo quadro esposto alla Biennale solamente nel 1948.
Nel 1914 viene rinnovata la facciata del Padiglione Pro Arte. Con l'inaugurazione del padiglione della Russia, diventano sette i padiglioni nazionali dei Giardini oltre al Padiglione Italia.
Tra il 1916 ed il 1918 la Biennale viene sospesa a causa della prima guerra mondiale.
Nel 1922 viene presentata la prima retrospettiva di Modiglioni.
Nel 1927 viene decisa una sede autonoma per la Biennale in un magazzino al pianoterra di Palazzo Ducale.
Nel 1930 la Biennale è trasformata in Ente Autonomo ed il suo patrocinio passa dal Comune di Venezia allo Stato fascista. Grazie ai maggiori finanziamenti e all'impulso dato dal presidente, il conte Giuseppe Volpi di Misurata, nascono nuove iniziative e l’esposizione assume un carattere multidisciplinare. Ha inizio infatti il Festival Internazionale di Musica Contemporanea, dapprima a cadenza biennale quindi dal 1937 a cadenza annuale. Negli anni ospiterà prime assolute di valore mondiale, con opere di Stravinskij, Britten, Prokofiev.
Viene costruito ai Giardini il padiglione degli Stati Uniti d'America.
Nel 1932 nasce la Mostra del Cinema e dal 6 al 21 agosto dello stesso anno ha luogo la prima edizione dell'Esposizione internazionale d'arte cinematografica, sulla terrazza dell'Hotel Excelsior. Dal 1935 anche la Mostra del Cinema diventa annuale. Nel 1934 ha inizio il Festival Internazionale del Teatro di Prosa. Il 10 agosto 1937 viene inaugurato il Palazzo del Cinema al Lido.
A seguito dello scoppio della seconda guerra mondiale, nel settembre 1942 la sua attività si interrompe per riprendere solamente nel 1948.
Oggi la manifestazione si svolge negli anni dispari, alternandosi con la quella di Architettura.

Alla 52° Biennale partecipano ben settantasette paesi tra i quali Cina, Turchia e molti paesi africani; artisti provenienti da tutto il mondo sono in mostra alle Corderie, all’Arsenale, nel Padiglione Italia ai Giardini e in altre sedi del centro storico Venezia. La manifestazione è tentacolare e coinvolge tutta la città che in questi giorni sembra farle da quinta insieme a tutti gli eventi artistici che la accompagnano.
L’evento vuole stupire il suo pubblico creando un percorso che permetta alle opere di essere i centri privilegiati della creazione dove potersi abbandonare alla fruizione totale.
Molte le novità: dopo il restauro, il Padiglione Italia riprende la sua funzione. A curare la presenza italiana, la direttrice del Museo del Castello di Rivoli di Torino, Ida Giannelli. Nei mille metri quadri dello spazio espositivo sono allestite le opere di Giuseppe Penone, “Sculture di linfa” e “Democracy”di Francesco Vezzoli.
Il padiglione Venezia propone una selezione di giovani artisti veneti e la mostra di Nico Vascellari. Sono inoltre presenti il gruppo Alterazioni Video, Giovanni Anselmo, Gabriele Basilico, Luca Buvoli e Paolo Canevari.

Nonostante sia ormai una “vecchia signora” ultracentenaria, la Biennale resta ancora la prima e la più importante rassegna a cui tutti guardano per comprendere tramite le opere un mondo in continua mutazione.
Il titolo della rassegna chiarisce sin dall’inizio le intenzioni del curatore “Think with sense, fell with mind, art of present tense” (Pensa con i sensi, percepisci con la mente, l’arte del presente); sembra essere il punto di partenza per la riflessione del visitatore, lo mette in guardia dagli scontati luoghi comuni secondo i quali l’arte è unicamente un’estasi per la vista. Qui l’arte è sensazione che non può essere separata dalla conoscenza. Molte delle difficoltà di lettura delle opere di oggi provengono dall’inconsapevolezza della contemporaneità. L’artista del presente non potrebbe comunicare il suo messaggio senza impiegare i materiali di oggi, senza utilizzare le iconografie attuali (e non quelle consumate del passato) o senza tenere in considerazione il nostro grado di anestetizzazione alle immagini. L’artista è costretto a percorrere un terremo accidentato e rischioso, deve avere la capacità di “colpire” lo spettatore con lavori che facciano emergere il proprio messaggio facendolo uscire dalla normalità del visivo. La contemporaneità non è facilmente descrivibile proprio perchè viviamo al suo interno, siamo dentro le sue regole, dentro le sue possibilità. La sensibilità dell’artista vuole essere il faro che ci orizzonta nella nebbia.
La Biennale offre uno sguardo sul presente - “art of present tense” - per chi non è in grado di capire questo, per chi non ha la capacità di comprendere la profondità e la sensibilità dell’artista di oggi, per chi si ostina a rimanere radicato alle consolidate certezze visive, visitando la Biennale perderebbe solamente tempo. Per chi ha la presunzione di sapere tutto perché convinto che la vista sia l’unico mezzo di conoscenza e che l’opera sia un oggetto d’arredamento, meglio cambi strada e ritorni su qualcosa che ha già stimolato i contemporanei del passato. Per il curioso invece, per colui che vuole capire, che vuole conoscere e mettersi in discussione, per colui che cerca di uscire dal consueto per spaziare senza confini nel proprio tempo benvenuto in un territorio senza limiti che offre un punto di osservazione privilegiato sulla contemporaneità che ci circonda.

La storia dell’arte è un tessuto di epifanie intrecciato da molte mani a velocità diverse: il tempo presente dell’arte è il bordo esterno di questo work in progress. Invece di rifilare il bordo o di ritessere la trama per regolarizzarla, questa mostra si concentra su alcuni aspetti della produzione attuale scelti quali indizi della possibile natura degli schemi emergenti, senza tuttavia alcuna pretesa di offrirne una mappatura esaustiva. Robert Storr (direttore della Biennale)


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