Testo pubblicato su Catalogo di mostra

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Patrì, oltre l'irriflesso
di Giacomo Belloni

Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione. La tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi e proprio quando sembra ch'essi lavorino a trasformare se stessi e le cose, a creare ciò che non è mai esistito, proprio in tali epoche di crisi rivoluzionaria essi evocano con angoscia gli spiriti del passato per prenderli al loro servizio; ne prendono a prestito i nomi, le parole d'ordine per la battaglia, i costumi, per rappresentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia.
(K. Marx, Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, 1852)

Era una domenica festosa, resa ancora più piacevole da uno dei primi soli primaverili. Il ritmo di un' energica batteria elettronica scandiva i movimenti sincroni e cadenzati dei Patrì mentre la vernice cadeva e frustava l'enorme tela stesa a terra per l'occasione. Il pubblico entusiasta seguiva con attenzione e partecipazione l'evento quando arriva l'immancabile signor-so-tutto-io e pronuncia ad alta voce, affinché tutti lo sentano bene, la seguente frase: Pollock si starà rigirando nella tomba. Un classico: ogni evento prevede l'imbecille di turno, l'ignorante saccente e spocchioso che parla a vanvera per tentare di darsi importanza, senza rendersi conto in realtà, che le sue parole lo classificano all'istante come la nota stonata della mattinata.
Se avesse avuto anche solo una superficiale infarinatura della storia dell'arte (anche se sarebbe bastata una minima sensibilità), avrebbe compreso che i Patrì fanno tutt'altro che scimmiottare i
dripping di Pollock. Chiunque avrebbe compreso che l'entusiasmo e la passione di due giovani artisti prevede un percorso di ricerca che non avrebbe mai potuto dichiararsi esente dalla forza espressiva dei linguaggi conosciuti, generalmente i più riusciti, quelli che hanno lasciato una traccia forte e ripercorribile nel lessico di chiunque voglia fare arte dopo the Fifties. Non si tratta qui di plagio ma della scelta voluta dell'artista che vuole intraprendere una percorso creativo fondato su basi solide e credibili. Se così non fosse dovremmo cancellare dall'elenco degli artisti migliaia di protagonisti della modernità.
Questo perché nessuno può gestire la propria immagine mentale, anche in fase creativa, senza passare da una revisione e da una ricategorizzazione di un archivio memoriale senza subirne una coazione a ripetere. Senza queste basi nessuno potrebbe diventare qualcuno, ma soprattutto nessuno - senza passato - sarebbe qualcuno. E questo Marx lo esplicita bene nelle frasi d'apertura del
18 Brumaio di Luigi Bonaparte.
Ma c'è altro, molto altro. Abbiamo fin qui preso a pretesto una frase infelice per inquadrare e giustificare un dripping ben riuscito e le ragioni per le quali non sarebbe oggi possibile riuscire a prescinderne, sia come artisti che come fruitori.
Vogliamo però dichiarare ancora qualcos'altro del lavoro dei Patrì, anche se vedremo come tutto, alla fine, finirà sul ruotare sulla stessa frase pronunciata durante quella famosa performance.
Da quella domenica primaverile di strada ne è stata percorsa molta. Dalle opere di oggi, quelle presenti in catalogo, è evidente il consistente e caparbio lavoro di ricerca e maturazione che ha portato i Patrì ad inserire nuovi interessantissimi elementi. Dai bellissimi e oramai collaudati fondi
"drippati" emergono - talora galleggianti, talora confusi - come provenienti da una dimensione onirica, oggetti meravigliosi, colorati, in sovrapposizioni inconsuete ma riuscitissime, in montaggi immaginari. Ecco allora: occhi, architetture, alberi, lampadine, palloncini, personaggi strani, pesci. Ogni oggetto ha una sua ragione, una giustificazione concettuale, spesso rafforzata da un particolare a latere, o da una scritta.

Tra questi l'
occhio è quello che meglio si presta alle nostre riflessioni. È proprio lui, l'occhio, che la fa da padrone; lo troviamo spesso come l'elemento dominante intorno al quale ruota l'intera composizione. Ma l'occhio dei Patrì è confuso, ambiguo, a volte perturbante. La loro idea è quella di mettere in discussione non solamente ciò che si ha davanti, l'apparenza illusoria e mendace dell'evidenza, ma l'essenza stessa della visione, ciò che c'è dietro ogni certezza visiva.
Voir n'est pas regarder (come a volte scritto sull'opera stessa); guardo mentre sono allo stesso tempo osservato da qualcosa che potrebbe - forse - essere un occhio, anche se nei suoi riflessi vedo tutt'altro che l'immagine riflessa di me stesso. Tutto rimanda a qualcosa di irriflesso, anche se questo irriflesso non costituisce un sapere vero di me stesso o del mondo, anzi.
L'occhio stesso potrebbe non essere un occhio ma uno stratagemma per aprire la superficie pittorica ad una nuova dimensione espressiva.
Insomma, un continuo gioco di rimandi e di spostamenti che mira a mettere in discussione il paradigma stesso della fruizione artistica, per quanto questa possa essere ad utilizzo esclusivo di uno spettatore, di uno che guarda. Guardo ma non vedo, vedo ma non guardo, e ciò che guardo non è ciò che credo di vedere; e nemmeno ciò che sembra guardare in verità vede nulla perché potrebbe non essere nemmeno un occhio.
L'intenzione dei Patrì è qui quella di ridurre l'importanza di quello che tra i cinque sensi è il più affidabile - la vista - per lasciare spazio ad una visione colta e cosciente che si attiva solamente nella latitudine della sensibilità. L'occhio è solo lo strumento cieco della mente che apre la strada ad una riflessione su un irriflesso che si riflette su una superficie irriflettente.
Mettere in discussione vuol dire fare un passo indietro sulle certezze per una rimeditazione di ciò che appare scontato ed indiscutibile.
Forse è proprio questa la risposta dei Patri all'inconsistenza della frase pronunciata durante la performance. L'unica possibilità per il nostro chiacchierone, completamente incapace di distinguere
è il fermarsi alla comoda superficialità dell'apparenza. Ecco che un dripping altro non è che un dripping, proprio come quelli che si facevano negli anni 50, esattamente come per lui la pipe di Magritte altro non potrebbe essere che una comune pipa da tabacco, anche se dipinta su una tela.

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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota

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