Testo pubblicato su Catalogo di mostra

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Le nostre estroflessioni.
di Giacomo Belloni

Le opere oggi in mostra presso lo Show Room della Real Arte a Sant'Elpidio a Mare, oltre a dimostrare ancora una volta l'interesse pluriennale dell'azienda marchigiana per le più appassionanti tendenze artistiche del secolo appena trascorso, vogliono nuovamente mettere l'accento su una fase tra le più entusiasmanti della nostra storia del pensiero e della cultura.
Un periodo artistico, quello a cavallo tra la fine degli anni 60 ed il decennio successivo, avvincente e fecondo, caratterizzato da importanti ricerche d'avanguardia che hanno visto il nostro paese essere punta d'eccellenza per le sperimentazioni artistico-concettuali della seconda metà del secolo passato, sia in Europa che nel mondo.
Con questa mostra si vogliono testimoniare ancora una volta, con una voce un po' fuori dal coro, come siamo abituati a fare noi, quelle che sono state le conquiste concettuali e la visionarietà di due meravigliosi artisti che, forse in maniera più discreta ma determinata, hanno saputo distinguersi tra gli altri per un linguaggio carico di passione e di poesia.
Lasciateci dire che, il riuscire ad inserire in mostra così tante opere, sia di Amadio che di Simeti, è stata senz'altro un'operazione degna di nota; riteniamo meritevole l'intenzione culturale messa in atto per tentare di fornire un ulteriore contributo alla storicizzazione di due personalità tanto importanti per la nostra storia dell'arte e del pensiero.

Il lavoro di Turi Simeti e di Giuseppe Amadio si distingue - come d'altronde quello dei capiscuola Agostino Bonalumi ed Enrico Castellani - per lavori decisamente peculiari costituiti da tele tendenzialmente monocromatiche ed estroflesse.
Cos'è un'estroflessione, come la possiamo definire? Pittura, scultura o cos'altro? Se sfogliamo un catalogo di una galleria o di un'asta, sotto quale sezione le cerchiamo?
Se proviamo a dare un significato grammaticale a questo termine cercando su un vecchio vocabolario - di quelli editi prima degli anni '70 - ne troviamo solamente una definizione riferita al mondo della medicina. Nulla che riguardi alcunché in natura, in architettura, tantomeno in arte. Le cose cambiano diametralmente se ci rivolgiamo a testi più recenti. Il termine che utilizziamo oggi in arte quindi, ha un'origine più moderna, ed è stata proprio l'arte di un periodo e di alcuni artisti ad allargarne il significato.
Tecnicamente l'estroflessione consiste in un particolare effetto a sbalzo sul fronte del supporto pittorico, ottenuto generalmente costruendo vere e proprie architetture in legno - o in altri materiali - sul retro della tela, in modo da creare sporgenze ed irregolarità sulla superficie affinché la luce, nel suo rimandare il colore all'occhio dello spettatore, crei giochi di luci e di ombre e invitanti contrasti chiaroscurali.
L'estroflessione diviene dinamica, quasi pulsante, cinetica nel suo seguire il movimento dell'occhio del fruitore; gli restituisce sempre nuovi riflessi, sia in funzione della sua posizione fisica che dei suoi stati d'animo.
Le opere oggi in mostra sono state scelte una per una, proprio con l'intento di cercare di offrire al visitatore la necessaria tensione percettiva data dal confronto tra due artisti che hanno utilizzato uno stesso linguaggio ma con fraseggi assolutamente differenti.
Il giudizio finale lo lasciamo comunque al sensibile avventore, a colui in grado di capire le sottili ma percettibili variazioni sul tema di una grammatica complessa e declinata tanto magistralmente da Simeti e da Amadio.
Tutte le opere sono di una potenza e di una forza incredibile; ogni piega, ogni sporgenza, ogni estroflessione corrisponde ad un pensiero diverso, ad un differente stato di coscienza. L'intento creativo non è però mai quello di fornire una visione individuale, ma piuttosto un'espressione universale e collettiva dell'epoca che le ha generate. Credo che per questo periodo possa essere presa ad esempio una frase estratta dal manifesto di De Stijl del 1918, anche per testimoniare che l'arte, come la vita d'altronde, vive di corsi e ricorsi:
"C'è una vecchia coscienza del tempo e una nuova. Quella vecchia tende verso l'individuale. Quella nuova verso l'universale". Questa frase sembra essere in grado da sola di testimoniare il passaggio tra il periodo dell'informale e tutto ciò che è venuto immediatamente dopo; ed ognuno dei lavori in mostra ci rende partecipi di questo momento culturale. È poi lo spettatore che "attiva" le opere, che le fa uscire dall'universale, che le personalizza, rendendole uniche attraverso la propria interpretazione. La narrazione delle estroflessioni, infatti, si esplicita per mezzo di stratificazioni sincroniche dinamiche: lo spettatore reagisce emotivamente all'opera che a sua volta non rimane indifferente, ma vive insieme a lui, in perfetta sintonia, in un gioco continuo di rimandi emozionali che passano attraverso le infinite variazioni del monocromo. Queste continue varianze, insieme a questo pulsare dinamico, si rincorrono cineticamente ed emozionalmente creando una perfetta sintonia, quella tra opera e fruitore, che la rendono unica e contestuale al momento della visione. Se guardiamo la stessa opera in un momento successivo, se ci avviciniamo a lei con un altro stato d'animo, ci rendiamo immediatamente conto che qualcosa è cambiato rispetto al momento precedente.
Lasciamo quindi il giudizio finale allo spettatore, sperando che questa mostra riesca a entusiasmarlo come è stato per noi che la abbiamo pensata, preparata ed allestita.

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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota

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